Un approfondimento sul recente ddl sulla cooperazione sociale
Un approfondimento sul recente ddl sulla cooperazione sociale

Approfondiamo, con un commento dell’on. Amalia Schirru, le riflessioni sulla proposta di legge di modifica all’art. 4 della legge 381/1991 recentemente presentata alla Camera dei Deputati.

Ci pare che questo dibattito, avviato su questo sito con la pubblicazione della notizia del disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati,  si apra non causalmente nella fase di grave difficoltà economica e sociale attrraversata dal Paese e dimostri, una voltà di più, il grado di coinvolgimento e di responsabilità richiesto anche alla cooperazione sociale nella ricerca di concrete vie di uscita dalla crisi. Volentieri, quindi, pubblichiamo la risposta di Amalia Schirru alla nostra richiesta di un commento di approfondimento e la segnalazione gentilmente  rivoltaci da  Antonello Sanna (Legacoopsociali Sassari), che ci ha ricordato “che la Regione Sardegna ha modificato gli stessi articoli presenti nella legge 16/97 con la finanziaria 2008. Nello specifico la finanziaria detta:


ARTICOLO 33

Dopo la lettera g) dell’articolo 24 della legge regionale 22 aprile 1997, n. 16 (Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale), sono inserite le seguenti:

g bis) donne capofamiglia disoccupate/inoccupate;

g ter) persone che si trovano nelle fasce di povertà più intense;

g quater) lavoratori disabili di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 68 del 1999;

g quinquies) altre persone in stato o a rischio di emarginazione sociale segnalate dagli enti locali e appartenenti alle categorie di lavoratori svantaggiati e di lavoratori disabili di cui alle lettere f) e g) del primo paragrafo dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione europea, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell’occupazione. La condizione di persona svantaggiata risulta da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione; è fatto salvo il diritto alla riservatezza.".

 

 

Commento dell’on. Amalia Schirru

Gent.ma Amalia, abbiamo visto la proposta di legge, che porta anche la tua firma, per la revisione dell’art. 4 della legge 381/1991. Gradiremmo un tuo commento di approfondimento rivolto alle cooperative sociali della Sardegna.

"Nel ribadirvi la mia disponibilità per un incontro, vi mando un contributo per il vostro sito, in risposta al quesito.

Con la Proposta di legge "Modifica all’articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, in materia di inserimento lavorativo di persone svantaggiate " (3056), di cui sono cofirmataria, si chiede, in sintesi, di inserire nelle categorie di svantaggio anche alcune delle tipologie di persone cosiddette «deboli», ovvero le persone che abbiano difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, facendole rientrare nel computo del 30 per cento, necessario per mantenere la qualifica di cooperativa sociale.

In un momento difficile di crisi economica e recessione come questo che stiamo vivendo, si è cercato pertanto di inserire una proposta che cercasse di mettere in campo delle soluzioni ai problemi dell’occupazione, fissando principalmente due punti cardine di intervento: l’ampliamento della platea dei cosiddetti “soggetti deboli” e il riesame dei sussidi degli enti locali erogati per rispondere ai bisogni sociali di persone in stato di bisogno e di povertà.
Pensare alla cooperativa sociale significa proprio questo: perseguire l’interesse generale della comunità, la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini. Ciò può avvenire attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (Tipo A), oppure con lo svolgimento di differenti attività  nel settore agricolo, industriale, commerciale o dei servizi, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, obiettivo delle cooperative di tipo B. Nella sezione C sono registrati i consorzi sociali, i quali a differenza delle cooperative non sono costituiti da persone fisiche ma da persone giuridiche; hanno l’obbligo di essere composti per almeno il 70% da cooperative sociali.

La cooperativa si pone in sostanza un obbiettivo fondamentale: riuscire a stare sul mercato con persone che normalmente il mercato rifiuta, sentendo appunto l’esigenza organizzarsi in rete per coordinarsi meglio e collaborare insieme per la realizzazione di obiettivi comuni.
Come ben evidenziato nella suddetta Proposta di legge “Nella fattispecie si chiede di inserire le seguenti categorie: qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un’attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni e, in particolare, qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la formazione, per almeno due anni e, in particolare, qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare; qualsiasi persona priva di un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; qualsiasi persona con più di cinquant’anni di età priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo; qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per dodici dei sedici mesi precedenti o per sei degli otto mesi precedenti nel caso di persone con meno di venticinque anni di età; donne straniere vittime della tratta, costrette a prostituirsi, che abbiano deciso di abbandonare la loro condizione di sottomissione e di sfruttamento e che usufruiscono del programma di assistenza e integrazione sociale ai sensi dell’articolo 18 del testo unico di cui al   decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. La ratio di tale normativa è che riconoscendo la possibilità di effettuare progetti di inserimento lavorativo anche per altre categorie, quelle denominate «deboli», e intensificando la collaborazione con i servizi sociali degli enti locali si consentirebbe di dare una risposta più efficace ai bisogni reali della collettività, sviluppando anche un’azione decisa sulla crisi economica e occupazionale e utilizzando le risorse in modo più efficiente.”

Quindi, in uno scenario di crisi come quello attuale, strumenti come gli ammortizzatori, seppur necessari, non sono più sufficienti. Tali politiche infatti, non possono più essere viste come strumenti meramente assistenzialisti, bensì devono essere tradotti in strumenti utili al reimpiego e al reinserimento lavorativo di questi soggetti, al miglioramento delle professionalità degli individui, al ripensamento delle politiche di innovazione e sviluppo."


Amalia Schirru

schirru_a@camera.it
www.amaliaschirru.it

 

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