La mafia è la prima banca d’Italia
La mafia è la prima banca d’Italia

La crisi mondiale non sfiora minimamente la criminalità organizzata, che ha raggiunto un fatturato di 140 miliardi di euro, con un utile che supera i 100 miliardi al netto degli investimenti e degli accantonamenti. Segue …

Non solo. Mentre i finanziamenti Bce sono intrappolati nel percorso di andata e ritorno dalla Banca centrale a quelle commerciali, le mafie si preparano inondare i mercati – e l’economia legale – con 65 miliardi di euro di liquidità. Liquidità strappata alle imprese, che ora chiedono credito proprio alla criminalità.
Dal 2008 al 2011 – rivela il rapporto "Le mani della criminalità sulle imprese", realizzato da Sos Impresa – 190 mila imprese hanno chiuso i battenti per debiti o usura. Il solo ramo commerciale della criminalità mafiosa e non, che incide direttamente sul mondo dell’impresa, sfiora i 100 miliardi di euro, pari al 7% del pil italiano: una massa enorme di denaro che passa quotidianamente dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori a quelle dei mafiosi. Le imprese subiscono 1.300 reati al giorno, praticamente 50 l’ora, quasi un reato ogni minuto. E sono oltre 1 milione gli imprenditori vittime, ovvero un quinto degli attivi.
L’indebitamento delle imprese – secondo lo studio – ha raggiunto i 180 mila euro medi, quasi raddoppiatosi nell’ultimo decennio. Anche i fallimenti sono cresciuti vorticosamente: +16,6% nel 2008 e +26,6% nel 2009.
I dati del 2010, relativi al primo trimestre, segnano un vero e proprio boom dei fallimenti, cresciuti di quasi il 50%. Ciò significa, spiega Sos Impresa, che 3.226 aziende hanno fatto ricorso alle procedure fallimentari, con un trend che farà superare abbondantemente le 12 mila chiusure.
Il rapporto mette in evidenza come con la crisi sia aumentato il numero degli usurai, che oggi sono oltre 40 mila contro i 25 mila di 12 anni fa. A cadere vittima dell’usura sono "in larga parte persone mature, intorno ai 50 anni, che hanno sempre operato nel commercio e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro. Solitamente sono commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, come alimentaristi, fruttivendoli, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai, mobilieri".
Inoltre, spiega Sos Impresa, "accanto alle figure classiche dell’usuraio di quartiere si muove un nuovo mondo che va dalle società di servizi e mediazione finanziaria, ormai presenti in ogni città, a reti strutturate e professionalizzate, sino a soggetti legati ad organizzazioni criminali e mafiose". In particolare l’usura di mafia ha trovato forza anche per il modificarsi del mercato del prestito a strozzo: cresce da parte delle vittime l’entità del capitale richiesto. Somme cospicue "che il prestatore di quartiere non è in grado di soddisfare, mentre l’usuraio del clan, nel giro di poche ore, può soddisfare anche le richieste più impegnative".
"In periodi di crisi – sottolinea il presidente di Confesercenti, Marco Venturi – i soldi delle mafie benché sporchi, fanno gola". E "l’usura è tornata ad essere un’emergenza nazionale" con "oltre 200mila commercianti colpiti, per un giro di affari che sfiora i 20 miliardi di euro". Si tratta, aggiunge Venturi, di "una situazione preoccupante che sta determinando un condizionamento serio del mercato e può ulteriormente incidere nelle relazioni economiche, marginalizzando sempre più le imprese sane costrette a operare in ambienti economici molto inquinati" (di Ilaria Storti).

Fonte: www.conquistedellavoro.it
Approfondimenti su : www.sosimpresa.it

 

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