Crisi del lavoro nell’UE: come fare la differenza
Crisi del lavoro nell’UE: come fare la differenza

“Il primo passo è stato il Pacchetto Occupazione, questa conferenza è il secondo passo per costruire il consenso su come attuare quelle misure”. Segue …

La conferenza a cui si riferisce László Andor, Commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e l’Inclusione, si è tenuta la settimana scorsa a Bruxelles e rappresenta un momento importante nella ricerca di soluzioni alla crisi del lavoro in Europa, in particolare quella giovanile.

Soprattutto, è stata l’occasione per avviare un confronto più aperto, più inclusivo, a cui hanno partecipato anche i sindacati e l’ILO.

Il Pacchetto Occupazione, che la Commissione ha presentato ad aprile, contiene una serie di indicazioni non vincolanti per gli Stati membri. Queste si fondano sul principio che la creazione di lavoro deve partire dalla domanda.

Ovvero bisogna dare ai governi la possibilità di incoraggiare le assunzioni attraverso la riduzione delle tasse sul lavoro e il sostegno alla creazione di impresa. Inoltre, bisogna individuare quelle aree che hanno il potenziale più alto per il futuro, come l’economia verde, i servizi di cura e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

László Andor ha detto esplicitamente che non basta adattare le competenze al mercato del lavoro ma è necessario generare nuovi posti, investire nei settori ad alta occupazione, perché spesso “è il lavoro a portare la crescita”.

Riferendosi ad alcuni dei paesi più colpiti dalla crisi, come Grecia, Irlanda e Portogallo, ha precisato che in questi casi “non ci si può semplicemente aspettare che i posti arrivino dalla crescita e dalla domanda esterna”.

A proposito della mobilità del lavoro, ha sottolineato che questa è senza dubbio positiva quando si tratta di una scelta ma i cittadini europei non dovrebbero essere costretti a spostarsi per trovare un impiego. La politica di coesione dell’UE in effetti è mirata a garantire che ci siano sviluppo economico e opportunità ovunque nel Continente.

Il sindacato europeo CES ha richiamato l’attenzione sulle misure di austerità, vere responsabili – ha detto la segretaria generale Bernadette Ségol – del freno alla crescita, e sulla compressione dei salari, errata misura di competitività per le imprese. L’auspicio, sollevato da più parti e accolto dal Commissario Andor, è stato dunque per una maggiore concertazione nei tavoli decisionali.

Nel caso dell’Europa, però, la concertazione tra le parti sociali non basta. Ci vuole anche una certa dose di solidarietà tra i governi. Lo ha puntualizzato il neoeletto Direttore generale dell’ILO, Guy Ryder. Secondo le stime dell’ILO, se la Grecia uscisse dall’Eurozona, ha fatto notare Ryder, i tassi di disoccupazione crescerebbero in tutta l’area, compresa la Germania.

Il neo-direttore ha rivendicato anche il bisogno di un maggiore coinvolgimento dell’agenzia ONU nelle decisioni delle grandi istituzioni economiche e finanziarie, ovvero il Fondo Monetario, la Banca Centrale Europea e la Commissione Europea, la cosiddetta Troika.

“Se l’ILO fosse stato al tavolo sulla Grecia – ha detto – avremmo potuto fare la differenza e raggiungere soluzioni migliori di quelle attuali”.

www.lavorodignitoso.org

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