CNEL: proposte per l?occupazione delle donne in Italia
CNEL: proposte per l?occupazione delle donne in Italia

Maggiore partecipazione, minori divari retributivi, una politica per la famiglia. Discriminazioni e disparità di genere sono ancora largamente presenti nel mercato del lavoro italiano, con gravi effetti per l’intera economia, oltre che per la civiltà complessiva.

Nel 2009 il tasso di occupazione femminile in Italia è sceso al 46,4%, livello di oltre dieci punti inferiore alla media europea (58,6%) e ben lontano dall’obiettivo sancito dal Trattato di Lisbona ( il 60%). A determinare quest’ andamento è stata la profonda fase recessiva attraversata dall’economia mondiale nel biennio 2008-2009, con riduzioni del Pil pari allo 0,6% nel mondo, al 4,2% in Europa ed al 5% in Italia. Ma nonostante l’Italia presenti una delle legislazioni a favore della donne migliori del mondo, la crisi ha acuito il dualismo tra nord e sud, con disparità di genere tra lavoro femminile e maschile che riguardano mansioni, stipendi, carriere.
A rilevarlo è il Documento di Osservazioni e proposte predisposto dal CNEL dal titolo “Il lavoro delle donne in Italia”, curato dal Gruppo di lavoro Pari opportunità di genere, coordinato dal cons. Giuseppe Casadio, presidente della IIa Commissione, ed approvato all’unanimità dall’Assemblea del CNEL nella seduta del 21 luglio 2010.
Il documento sintetizza la difficile situazione economica vissuta dal paese ed il suo impatto sull’occupazione che pure è stato meno violento che in altre aree. Il tasso di occupazione italiano è sceso globalmente di 1 punto percentuale nel 2009, dal 58,7% al 57,7%, pari ad una perdita di posti di lavoro di circa 380 mila unità, ma per le donne il risultato è stato peggiore ( il 46,4%) ed è realizzato per il 50% nel Mezzogiorno. La donna, secondo le cifre pubblicate dal Documento, appare penalizzata in varie situazioni soprattutto quando è parte di una famiglia. E’ stato infatti calcolato che il tasso di occupazione scende man mano che sale il numero dei figli a cui badare: del 4% con 1 solo figlio, del 10% con 2 figli, del 32% con 3 o più figli. Inoltre anche l’istruzione gioca un ruolo: dai dati emerge che dopo il parto la donna torna entro 18 mesi alla propria attività lavorativa se ha un’istruzione elevata , mentre il 60% delle donne con bassi livello di istruzione non risulta ancora occupata a 4 anni dal parto.
La donna dedica alla famiglia il 77% del suo tempo ed anche se nel Documento si rileva un aumento del coinvolgimento maschile nelle attività familiari, ma limitate alla cura dei figli, resta la realtà che in media la donna italiana lavora un’ora e un quarto più dell’uomo. Dopo aver rilevato che il lavoro è anche un desiderio della donna ( solo una donna su 5 nella fascia d’età tra i 35 e i 45 anni dichiara che si realizza solo in ambito familiare), il rapporto mette in luce le differenze di salario tra lavoro femminile e maschile e rileva che, a cifre standard, le donne italiane guadagnano solo il 10% meno degli uomini rispetto ad una differenza del 25% negli Stati Uniti ed in Gran Bratagna, anche se poi spiega perchè in realtà la situazione italiana è assai prossima a quella anglosassone.
Che fare?
Il Cnel avanza una serie di proposte frutto della pluriennale osservazione del fenomeno. Tra queste spiccano:
o    una strategia e provvedimenti con valenza di medio lungo periodo e rivolti a tutte le componenti del mercato del lavoro dipendente, autonomo ed imprenditoriale; l’accrescimento qualitativo dell’offerta di lavoro femminile, attraverso una seria e qualificata formazione professionale che produca competenze soprattutto nei settori dell’ICT, della “geen economy”, della tutela ambientale;
o    iniziative per superare quella che nel Rapporto viene definita come “ segregazione orizzontale” ( ovvero i bassi livelli di inquadramento o la flessibilità che sconfina nel precariato) e la “ segregazione verticale” ( ovvero lo svantaggio di carriera che potrebbe essere superato con il sistema delle quote per donne con curricula adeguati);
o    la fine della discriminazione femminile quanto all’accesso al credito delle donne imprenditrici ed una modifica della legislazione vigente per una reale conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
o    provvedimenti a favore della tutela della carriera femminile anche in presenza di periodi di maternità; a tale riguardo il Cnel propone di misurare il lavoro non remunerato della donna ( specialmente in famiglia) per quantificare simbolicamente il Pil nascosto;
o    migliori servizi per la cura della prima infanzia;
o    adeguato riequilibrio della legislazione previdenziale per eliminare la penalizzazione retributiva derivante dalla minor contribuzione indotta dagli impegni familiari

Cnel – luglio 2010

www.cnel.it

 

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