Assenteismo sul luogo di lavoro tra i mali dell?Eurozona
Assenteismo sul luogo di lavoro tra i mali dell?Eurozona

Ricerca olandese sull’assenteismo: “crea un aumento dei costi a causa degli effetti diretti e indiretti del fenomeno. Tra quelli indiretti, l’insoddisfazione di chi deve sostituire il collega assente e il gradimento in ribasso da parte dei clienti.” Segue …

Tra i mali da debellare nel tempo della grande crisi dell’eurozona, c’è anche l’assenteismo. In uno studio comparativo sul tema, condotto in Olanda alla School of Economics della Erasmus University di Rotterdam, emerge come, oltre all’esigenza di creare un modello di studio per capire fino in fondo il fenomeno, sia ormai prioritario anche affrontarlo come problema economico e politico. Come ampiamente risaputo, l’assenteismo crea un aumento dei costi a causa degli effetti diretti e indiretti del fenomeno; tra quelli diretti figurano certo le indennità di malattia, le spese per coprire l’assenza di personale e la perdita in termini produttivi. Tra quelli indiretti, l’insoddisfazione di chi deve sostituire il collega assente e il gradimento in ribasso da parte dei clienti. Altri effetti, non minori, sono l’interruzione della normale attività e la riduzione della qualità del prodotto. Secondo studi della confindustria britannica, nel 2007 il Regno Unito ha perso, 19,2 miliardi di sterline per i costi generati dall’assenteismo. Se l’assenza per malattia ha una sua giustificazione, il fenomeno però è ben più composito, celando una varietà di comportamenti molto eterogenei. Tra questi figurano il genere, l’età dell’impiegato, l’educazione, gli stili di vita e la salute, le relazioni interpersonali, la presenza/assenza di figli nel nucleo familiare, ma soprattutto la tipologia di lavoro svolto e il contratto che lo vincola.
Se l’obiettivo dello studio è quello di trovare modelli per leggere il fenomeno comparativamente, nei fatti tende anche a dimostrare che alcune determinanti dell’assenteismo, quasi sempre esogene come le condizioni psico-sociali del lavoro e i fattori legati alla salute sono incisive almeno quanto quelle legate a background molto più nascosti.
Dopo aver stabilito un modello di filtraggio dei dati originali, e aver costruito le variabili per analizzare il fenomeno, l’indagine ha visto coinvolti 247.095 partecipanti, divisi per più di undici paesi. I paesi selezionati e gli intervistati sono: Austria (16.975 intervistati), Belgio (11.858), Danimarca (12.142 intervistati), Finlandia (17.216), Francia (24.113), Grecia (25.120), Irlanda (12.514), Italia (35.507), Paesi Bassi (24.816), Portogallo (35.482 intervistati) e Spagna (31.352). I dati usati derivano dal tradizionale panel europeo sulla famiglia progettato per raccogliere informazioni comparabili che consentano di monitorare le condizioni di vita delle famiglie e le misure di politica economica e sociale a livello comunitario (European Community Household Panel).
Le variabili non sono mai rigide e suscettibili di approfondimenti ulteriori. Tuttavia, almeno in campo demografico, i risultati sembrano premiare quelle che sono già le riflessioni di genere. Un impiegato maschio è meno propenso, per il 3,1%, ad assentarsi nel paragone con una collega donna. L’età conta e non poco: i differenti gruppi presi in analisi dimostrano chiaramente che più anziano è il dipendente, più bassa è la possibilità che si assenti. Un intervistato di 51 anni ha il 7,2% di possibilità in meno di essere lontano dal posto di lavoro rispetto a chi risponde avendo vent’anni. Tuttavia lo scarto, non lineare, muta nel range compreso tra i 51 e i 60 anni.
E il livello di istruzione? Chi ha livelli di istruzione più alti, garantisce più presenza sul posto di lavoro. La percentuale scende molto laddove non si ha nemmeno un livello secondario di istruzione, mentre i valori si assottigliano quando si sale a uno stadio tra il secondo e il terzo stadio delle competenze scolastiche. Le differenze, infatti, appaiono minime.
Nel campo delle condizioni fisiche, è legittimo aspettarsi che colui che risente di problematiche legate alla salute ha il 9,2% di chance in più di essere assente rispetto a colui che è sano. Può sembrare ovvio, ma in realtà conta anche l’incidenza della percezione della malattia che lo stesso impiegato fa; chi ha un atteggiamento costruttivo ha l’8,5% di probabilità in meno di essere assente. Un discorso a parte meritano i tabagisti. Chi fuma, sia esso un vizioso di vecchio o nuovo corso, ha più chance di assentarsi rispetto a chi non ha mai contratto il vizio. Siamo intorno al 3,5% di possibilità per chi ha ancora il vizio, al 2,4% per chi ha smesso.
E i modelli familiari? Avere figli a carico pesa ma i nuclei non sono tutti uguali quando si osserva l’incidenza sull’assenza. Chi vive in una famiglia di sei persone ha lo 0,6% in meno di possibilità di essere assente rispetto a chi vive in una famiglia di tre persone. Chi si prende cura del prossimo, ha una probabilità maggiore di dover chiamare in ufficio e dire: non vengo, per una percentuale dell’1,9% in più, Stesso discorso per gli accoppiati che hanno una chance dell’1,6% in più rispetto ai single. Anche il reddito incide: chi ha 10.000 euro di stipendio, o redditi supplementari, si assenta meno, con un valore dello 0,3%.
Passiamo al lavoro. La ricerca sgombra il campo dall’equivoco che un particolare status lavorativo, ovvero l’appartenenza a quadri dirigenziali o intermedi, abbia un’incidenza diretta con l’assentarsi o meno. Semmai conta la soddisfazione di svolgere o meno un determinato lavoro che fa scendere dell’1,6% la possibilità di assentarsi. Chi ha il contratto part time però è più rigoroso di chi, a tempo pieno, ha. l’1,19% di chance di starsene a casa. Nell’epoca del lavoro precario, in un confronto comparato, chi ha un contratto permanente ha lo 0,8% di probabilità in meno di evitare di strisciare il badge.
Capitolo a parte, meritano gli stipendi. Chi intasca 50.000 euro all’anno ha lo 0,2% in meno di essere assente rispetto a chi ne prende 30.000 Euro. Chi ha vissuto la disoccupazione prima di occuparsi ha l’1% di chance in più di fare festa rispetto a chi ha un lavoro da lungo tempo. Nelle compagnie private i lavoratori, per una percentuale dell’1,7%, tendono meno a stare a casa rispetto a chi lavora nel posto pubblico. Chi lavora in compagnie che annoverano al massimo 100 persone nei propri quadri è più costante di chi lavora laddove ci sono 500 impiegati. Nel dettaglio: da 1 a 20 impiegati, c’è il 2,4% di assenteismo in meno; da 21 a 100 c’è un ribasso dello 0,6% del fenomeno. Salendo di numero, i valori si livellano, ma resta una certezza: chi lavora nelle piccole compagnie, raramente resta a casa ad aspettare la visita del dottore.
E in un quadro meno generale, cosa emerge nei singoli settori per paese? Dal punto di vista demografico, la forbice maggiore è tra Danimarca (-6,8%) e Portogallo (-1,1%). La chance che un impiegato maschio si assenti rispetto a una donna nel paese scandinavo è cinque volte più piccola che in Portogallo. Le differenze di presenza in ufficio, legate all’età sopra descritte, sono espresse da molti paesi, e in particolare dalla Danimarca e dall’Italia. Fa eccezione la Grecia, dove gli impiegati più giovani sono più presenti di quelli anziani.
Sul fronte dei livelli di studio, Danimarca, Olanda, Belgio e Finlandia mostrano una maggiore propensione dei quadri dirigenti ad assentarsi dal lavoro. Fanno meglio Francia, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, dove ad assentarsi di più sono quelli che hanno studiato meno.
Passiamo alla salute: i greci mostrano una correlazione negativa tra assenteismo e inadempienza in ufficio legata alla malattia. In Olanda l’incidenza è alta (15,9%), agli antipodi la Danimarca (3,7%). Sempre in Danimarca, è alta la percentuale dell’incidenza dell’autovalutazione della malattia sull’assenza, (-15,8%), contro il risultato del Portogallo (-3,8%).
Nell’ambito del tema "famiglia e pargoli", la Grecia mostra un forte condizionamento, attestabile al -4% di ricaduta sull’assenteismo. L’impatto della grandezza della famiglia è significativo in Danimarca, Olanda e Portogallo. Vivere in coppia è invece motivo di assenteismo più alto in Belgio, Francia, Italia e Portogallo. In Belgio, Francia e Spagna, invece, il "tengo famiglia" non è un buon motivo per non andare a timbrare il cartellino la mattina.
(26 gennaio 2012)

www.conquistedellavoro.it

 

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