Sanzioni fino all’arresto contro le discriminazioni sul lavoro
Sanzioni fino all’arresto contro le discriminazioni sul lavoro

I datori di lavori, pubblici e/o privati che non rispettano le norme sulla parità tra donne e uomini sul lavoro dovranno fare i conti con pesanti multe, addirittura fino a 50 mila euro, e con gravi sanzioni come l’arresto fino a sei mesi.

"Ritengo – ha sottolineato Luisa Marilotti – che l’attuazione del decreto offra realmente alle Consigliere di Parità strumenti più incisivi per la repressione e prevenzione di comportamenti discriminatori".

Previste pesanti multe e sanzioni fino all’arresto fino a sei mesi per chi viola le norme contro le discriminazioni sul lavoro in ragione del sesso: queste le principali novità introdotte con il Decreto Legislativo n. 5 del 25 gennaio 2010, che finalmente dà attuazione alla direttiva comunitaria 54/2006. 

I datori di lavori, pubblici e/o privati che non rispettano le norme sulla parità tra donne e uomini sul lavoro dovranno fare i conti con pesanti multe, addirittura fino a 50 mila euro, e con gravi sanzioni come l’arresto fino a sei mesi: sono questi alcuni punti chiave del decreto legislativo 5/2010, pubblicato qualche giorno fa in Gazzetta Ufficiale: con questo decreto finalmente si dà attuazione anche in Italia alla direttiva comunitaria 2006/54/Ce riguardante le ‘Pari opportunita’ fra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego’. 

"Si può a buon diritto dire che, con questo atto legislativo, nel nostro Paese si rafforzano, in maniera netta e decisa le condizioni per un balzo in avanti nell’affermazione della pari dignità fra uomini e donne nell’ambito dell’accesso al lavoro, nella carriera, nelle retribuzioni, nella formazione professionale e nelle condizioni di lavoro", ha dichiarato Luisa Marilotti, Consigliera Regionale di Parità. 

In sintesi, rispettare i principi di parità sul lavoro sarà garantito da un più robusto apparato normativo e sanzionatorio, che funzioni da “deterrente” nei confronti di chi metta in pratica comportamenti discriminatori nei confronti delle donne. Ma, oltre agli aspetti sanzionatori, che sono indubbiamente i più appariscenti, vanno sottolineate alcune importanti novità che modificano in senso migliorativo il Codice delle Pari Opportunità e il Testo Unico sulla maternità e paternità. 

Infatti, per esempio, c’è una tutela più ampia per maternità e paternità, anche adottive, perché padri e madri non dovranno essere penalizzati negli eventuali miglioramenti economici e di carriera a causa delle assenze per maternità, paternità o congedo parentale. 
Il divieto di discriminazione, diretta e indiretta, nell’accesso al lavoro, viene allargato anche all’attività di orientamento, formazione e riqualificazione professionale e i tirocini formativi. 
Ma c’è una novità anche in materia pensionistica, perché le lavoratrici avranno il diritto di proseguire l’attività lavorativa fino a 65 anni, come i colleghi maschi, qualora intendessero farlo, perché spesso, pur avendo raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia ciò corrisponde ad un vitalizio esiguo.

E’ la stessa nozione discriminazione, diretta e indiretta, che viene ampliata introducendo il concetto di vittimizzazione, per cui viene vietato un trattamento penalizzante verso chi ha difeso una vittima di discriminazione; inoltre vengono considerate discriminazioni dirette e indirette anche comportamenti che implicano molestie, a partire da quelle verbali fino a quelle sessuali. 

Viene rafforzato ed ulteriormente precisato il ruolo di pubblico ufficiale della Consigliera di Parità nell’esercizio della tutela giudiziaria, e viene estesa la legittimazione ad agire anche a soggetti collettivi quali organizzazioni, associazioni e sindacati che rappresentano il soggetto discriminato. 

"Ritengo – ha sottolineato Luisa Marilotti – che l’attuazione del decreto offra realmente alle Consigliere di Parità strumenti più incisivi per la repressione e prevenzione di comportamenti discriminatori e possa contribuire a produrre rapidamente nel nostro Paese effetti positivi sulla condizione delle donne, che forse si sentiranno un po’ più europee".

 

 

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